Come accade ormai da molte stagioni, il Mediterraneo si avvia ad affrontare un autunno di incertezza. La sponda sud di questo mare – che da sempre si pone sia come crocevia di scambi commerciali e culturali, sia come arena di conflitti e scontri fra potenze – si trova ormai da anni in una situazione di instabilità, guerra e repressione, ma anche di speranza – il risultato del complesso processo politico e sociale entrato nel linguaggio comune come le “Primavere arabe”. Anche nei paesi della sponda europea del Mediterraneo – tradizionalmente prospera e caratterizzata da istituzioni democratiche e processi di integrazione economica e politica – l’incertezza e il senso di frustrazione sembrano aver conosciuto un forte incremento, che si è manifestato in modo evidente con la significativa crescita dei partiti a vocazione populista sia al livello nazionale che nel contesto UE. Mondo europeo e mondo arabo-musulmano sembrano dunque ancora una volta incontrarsi, influenzarsi, e in qualche modo definirsi a vicenda nello spazio mediterraneo, seguendo un percorso per molti versi secolare. Come nota Gilles Kepel nel video che abbiamo deciso di condividere con voi, l’ascesa del populismo europeo è in buona parte legata alle ansie economiche e sociali sempre più diffuse in Europa e determinate anche da preoccupazioni connesse agli sconvolgimenti che hanno interessato la sponda sud del Mediterraneo – in particolare i fenomeni del jihadismo e del terrorismo e i flussi migratori. Allo stesso modo, si può notare come le “Primavere arabe” e altri fenomeni di rilievo come l’ascesa e il declino dello “Stato Islamico”/Daesh siano stati influenzati – nel bene e nel male – anche dalle politiche adottate dai paesi europei e occidentali più in generale – basti pensare alla difficile ma promettente transizione democratica in Tunisia; all’intervento militare in Libia guidato nel 2011 da Gran Bretagna e Francia sotto l’egida dell’ONU, che ha portato alla caduta della dittatura di Muammar Gheddafi, ma ha poi anche favorito la discesa del paese in una situazione di frammentazione e violenza; o il complesso e spesso frustrante atteggiamento tenuto dagli Stati Uniti e dai loro alleati europei a riguardo della guerra civile siriana.
Abbiamo scelto di condividere con voi questo video di Kepel – un esperto di Medio Oriente e mondo arabo di fama mondiale – perché tutte queste importanti questioni sono oggetto di interessanti riflessioni condensate nel suo ultimo libro, Sortir du Chaos. Les crises en Méditerranée et au Moyen-Orient, pubblicato proprio in questi giorni anche in italiano, con il titolo – molto fedele all’originale – Uscire dal caos. Le crisi nel Mediterraneo e nel Medio Oriente.
Il punto di partenza della situazione caotica in cui si trovano attualmente il Mediterraneo e il Medio Oriente può essere individuato secondo Kepel negli shock petroliferi degli anni Settanta. L’aumento dei prezzi del petrolio ha secondo l’autore provocato un cambiamento negli equilibri geopolitici della regione, accelerando il declino dei regimi secolari e pan-arabisti – come l’Egitto – e favorendo l’ascesa di altri attori – come l’Arabia Saudita e poi l’Iran khomeinista – promotori di un modello sociale più tradizionalista e di una visione della politica volta a ricercare la legittimità del potere nella religione islamica. L’ascesa dell’Iran e dell’Arabia Saudita ha determinato inoltre un ritorno al centro della scena politica mediorientale della tensione fra islam sunnita – sostenuto da Riyadh e dalle altre monarchie del Golfo persico – e islam sciita, promosso dall’Iran degli ayatollah. A questo cambiamento negli equilibri geopolitici e ideologici si è accompagnata l’ascesa e la trasformazione del jihadismo, che ha secondo Kepel attraversato varie fasi. Partendo dalla riscoperta e dalla reinterpretazione in senso sempre più radicale delle idee di movimenti islamisti tradizionalmente perseguitati – come i Fratelli Musulmani – il jihadismo ha conosciuto un revival negli anni Ottanta e Novanta a seguito di crisi come l’intervento sovietico in Afghanistan, la guerra in Bosnia e il fallimento del processo di pace israelo-palestinese. Con l’entrata in scena di Osama bin Laden e Al-Qaeda, tuttavia, il jihadismo ha individuato sempre più come suo obiettivo centrale gli Stati Uniti – il “nemico lontano” contro cui sono stati perpetrati gli attentati dell’11 settembre 2001. La “Guerra al terrore” inaugurata dall’amministrazione George W. Bush infine indotto secondo Kepel a un’ulteriore mutazione nel jihadismo, che ha portato – attraverso l’adozione di ideologie ancora più nichiliste e sanguinarie e l’utilizzo di nuovi mezzi di comunicazione come i social media – a fenomeni come l’ascesa dello “Stato islamico” in Siria e Iraq e agli attentati terroristici che hanno duramente colpito la Francia nel 2015.
Sortir du chaos getta uno sguardo anche sulle “Primavere arabe” che hanno scosso il Medio Oriente e il Nord Africa a partire dal 2011. Secondo Kepel, questo fenomeno ha avuto in realtà effetti diversi determinati in gran parte dalla geografia politica del mondo arabo. In Nord Africa i paesi interessati dalla “Primavera araba” – Tunisia, Egitto e Libia – hanno sperimentato una difficile transizione e in molti casi ritorno a dittatura (Egitto) o fallimento dello stato (Libia). Questa parte del mondo arabo, tuttavia, non ha conosciuto un profondo collasso regionale o conflitti altamente e inestricabilmente internazionalizzati. Il motivo di questa situazione è da ricercare secondo Kepel nella forte omogeneità settaria – musulmana sunnita – che ha evitato la frammentazione della società civile. La situazione è stata purtroppo ben diversa per le “Primavere arabe” del Medio Oriente – e in particolare per la Siria e lo Yemen. In questa parte del mondo arabo si è assistito al collasso delle strutture statali e allo sviluppo di guerre civili intricate, fortemente internazionalizzate e dalla brutalità incontrollata. Questo risultato è stato determinato secondo Kepel da una più pronunciata varietà etnico-settaria – e in particolare alla marcata frammentazione fra sunniti e sciiti – e dalla maggiore vicinanza ai due poli del conflitto religioso/ideologico e geopolitico della regione: l’Arabia Saudita da una parte e l’Iran dall’altra.
Guardando infine al presente – e al futuro – Kepel sostiene che la rivoluzione energetica che ha fatto recentemente tornare gli USA a essere un paese esportatore di petrolio avrà importanti effetti anche sulla geopolitica del Medio Oriente e dell’Africa del Nord. La ritrovata indipendenza energetica sta incoraggiando un atteggiamento di crescente disinteresse e disimpegno politico-militare da parte di Washington nei confronti del Medio Oriente e del Nord Africa – una tendenza secondo l’autore già iniziata durante la presidenza Obama e ancora più visibile a partire dall’insediamento dell’amministrazione Trump, nel gennaio 2017. Questa situazione sta aprendo spazi per un maggiore attivismo turco, russo e iraniano e sta rendendo sempre più il Levante un’area di importanza strategica fondamentale per i futuri equilibri del Medio Oriente e del Mediterraneo. In questo inedito contesto, sostiene Kepel, l’Europa è chiamata ad assumere maggiori responsabilità e a giocare un ruolo più attivo di stabilizzatore e pacificatore.Sortir du chaos è un libro ricco di informazioni distillate in anni di ricerche e contatti personali con esponenti di primo livello del mondo mediterraneo e mediorientale. Alcuni punti di vista espressi da Kepel sono discutibili – si può ad esempio dubitare che la rivoluzione energetica sia destinata a ridurre così marcatamente l’interesse degli Stati Uniti per la regione, e l’idea che l’Europa riesca a sviluppare un ruolo più autonomo ed efficace sembra purtroppo un auspicio difficilmente destinato a vedere una realizzazione nel breve termine. L’ultima opera di Kepel offre in ogni caso un’analisi esaustiva e stimolante delle radici e dello stato attuale delle crisi che interessano il Mediterraneo e il Medio Oriente – una bussola che riesce a dare delucidazioni e a indicare nuove prospettive tanto agli esperti quanto a coloro che vogliono iniziare a conoscere più da vicino alcune delle questioni internazionali più scottanti del nostro tempo.
Diego Pagliarulo
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